Acquatrekking? Per noi è si!

Di fronte alla crescente e ostinata campagna tendente a svilire e mettere i cattiva luce alcune nostre attività estive (una ostinazione degna di miglior causa), abbiamo deciso di esporre alcune semplici considerazioni.

Acquatrekking del Furlo – Fiume Candigliano

Noi pratichiamo l’acquatrekking (termine che ci fregiamo di aver creato); si tratta di un’attività escursionistica che si svolge lungo l’alveo di alcuni corsi d’acqua ed è caratterizzata dal frequente attraversamento a guado degli stessi e dalla possibilità di fare il bagno nelle acque dolci. E’ un’attività che, se condotta correttamente, è volta all’approfondimento delle tematiche ambientali (nello specifico quelle legate alle acque interne). La parte culturale si unisce armonicamente all’aspetto ludico e sportivo, determinato dalla presenza dell’acqua e dalla possibilità di bagnarsi nelle acque dei fiumi che, grazie alla presenza dei depuratori, sono molto più puliti di qualche anno fa. Secondo alcuni, questa attività produrrebbe danni sull’ecosistema dei corsi d’acqua, attraverso un impatto dovuto essenzialmente al calpestio degli alvei fluviali. 

Riteniamo che tale calpestio, che avviene su materiale inerte (pietre) prevalentemente fuori dall’acqua, ma con frequenti guadi e attraversamenti, abbia verosimilmente un impatto trascurabile, in quanto si tratta di un evento “spot”, che localmente dura solo alcuni minuti. Il calpestio prodotto da dieci o quindici persone, per dire, è nettamente meno dannoso da quello prodotto dagli animali domestici (mucche e cavalli) che erano una presenza abituale nei corsi d’acqua  decenni fa e che concentravano il loro notevole peso sulla ridotta superficie degli zoccoli. 

Le nostre passeggiate, oltre che divertenti, hanno lo scopo di educare e infatti le guide si soffermano spesso nella descrizione e interpretazione delle dinamiche idrologiche e biologiche dei corsi d’acqua. E raccolgono rifiuti, lasciati da altri. 

Sarebbe invece interessante valutare l’eventuale impatto, sistematico e sempre piu’ pesante delle migliaia di persone che sempre di piu’ affollano i nostri corsi d’acqua, con una presenza stabile (tutto il giorno) sempre negli stessi posti. Li’ puo’ essere che un qualche tipo di impatto vi sia davvero, come spesso avviene per il semplice stazionamento / presenza di persone in  quantità così massiccia. Un tempo i fiumi erano frequentati solo dai residenti nelle aree interne, oggi invece sono presi d’assalto da un pubblico molto piu’ vasto.  

I nuovi “bagnanti” non sempre sono rispettosi dell’ambiente: si trovano tracce di fuochi e avanzi di cucina un pò ovunque, alberi tagliati per rendere più agevole l’accesso all’acqua, rifiuti….Sono cose molto visibili, eppure questi aspetti sembrano non essere degni dell’attenzione di chi avversa le nostre attività.  

Portare gente nel fiume, in modo educato ed educante, con la presenza di un responsabile (la guida) che ha come scopo quello di divulgare la conoscenza ed educare al rispetto, sicuramente non è peggiore che prendere d’assalto i nostri fiumi, sempre piu’ poveri d’acqua e ricoprirne le rive di bagnanti, come la spiaggia di Riccione. Magari, invece, la nostra attività puo’ generare interesse e affezione e aiutare a contrastare gli “sfasci ordinari” (dragaggi, disboscamento delle rive, scarico rifiuti solidi, pompe abusive, ecc.).  Disastri ordinari, nei confronti dei quali, tuttavia, sembra regnare l’indifferenza generale.  

Dove pratichiamo l’acquatrekking

Il nostro acquatrekking viene effettuato soprattutto nell’area a monte della Gola del Furlo. Tale area, qualche anno fa, è stata sottoposta ad un intervento drastico di riprofilatura dell’alveo, con l’asportazione di decine di migliaia di metri cubi di ghiaie. Pochi anni fa sono entrati nel fiume con le ruspe e lo hanno “sistemato”. Nell’indifferenza quasi generale. Gli unici ad interessarsi alla questione e a esplicitare la propria contrarietà sono stati gli scriventi, ritenendo tali “lavori” estremamente dannosi per l’ecosistema e sostanzialmente inutili sul piano funzionale.

Dopo poco tempo, ruspe e camion sono di nuovo entrati nel fiume, stesso tratto, e hanno ripetuto l’operazione. Chi ora addita l’escursionismo fluviale quale fonte di dissesti, probabilmente non si è accorto di nulla. Ma è comprensibile; probabilmente si tratta di persone che frequentano i fiumi interni per fare i bagni in estate, mentre i lavori sono stati eseguiti in inverno. 

L’anno dopo (e parliamo del 2019), ancora una volta, camion e ruspe a mollo. Asportazione ghiaie, dragaggio, conseguenze a catena a monte e a valle, come sempre in questi casi.  E fanno tre. E ancora una volta neanche una reazione da parte dei (neo) paladini del fiume. A questo punto, con    una simile macroscopica e reiterata distrazione, viene compromessa la (eventuale) bontà logica delle proteste anti – trekking: si alza l’indice contro chi fa attività divulgativa in un’area alla quale è stato fatto di tutto, dove sono stati portati via probabilmente 90 mila metri cubi di ghiaia (con annessi pesci, insetti, radici, macroinvertebrati, ecc. ecc. ), dove non c’è piu’ nulla da distruggere, come se il calpestio di qualche sparuto gruppetto di persone potesse fare piu’ danni di così… E’ come mettere all’indice chi accende un fiammifero per fare lume e nel contempo chiudere gli occhi nei confronti di chi fa deflagrare la bomba atomica. 

La stessa buona fede delle proteste “ecologiste” viene messa in dubbio da questi fatti. 

Come e cosa proponiamo noi de La Macina

Chiunque volesse partecipare ad uno dei nostri trekking, potrà rendersi conto che non danneggiamo niente e che, anzi, cerchiamo di salvaguardare cio’che c’è rimasto di sano e di far rivivere momenti e situazioni ai quali, tanto tempo fa, eravamo felicemente abituati. Cerchiamo di far comprendere che i nostri fiumi sono al collasso e che le aree costiere continuano ad avere un atteggiamento predatorio nei confronti di quelle interne, assaltando in massa i corsi d’acqua per sfuggire ad un mare insoddisfacente e mirando ancora e ancora e ancora al prelievo delle acque interne, con la prospettiva di asciugare tutto, anziché pensare a disinquinare le abbondantissime falde freatiche sulle quali galleggiano i  nostri centri maggiori. 

Certe vis polemiche andrebbero incanalate verso situazioni davvero dannose: basta informarsi e verificare di persona. Vi sono diverse (meritorie) organizzazioni che se ne occupano e che sarebbero felici di avere nuove forze fresche, disposte a spendersi fattivamente in prima persona.

Cordialmente, le guide GAE de La Macina